Lari ed il castello dei Vicari

Oggi i nostri passi ci portano a visitare un suggestivo paese nel bel mezzo delle rigogliose Colline pisane, ovvero il borgo medievale di Lari
Giungendo dalla strada principale lo vediamo ergersi imperioso sui boschi e sulle coltivazioni sottostanti, come una sentinella prodigiosamente spuntata dal verde, a guardia dello splendido panorama circostante.
Il castello racchiude come un guscio l’abitato e la sua famosa Rocca dei Vicari, che si staglia possente e maestosa sopra tutto il borgo, con le sue mura ricchissime di storia rinascimentale.
Breve storia di Lari
Lari, che dal 2014 fa comune con l’importante stazione termale di Casciana Terme, è uno dei moltissimi paesi toscani che ha ottenuto la Bandiera Arancione dal TCI, grazie alle sue peculiarità turistiche ed ambientali, per cui vale certamente la pena di scovarlo e di visitarlo.
Si trova nella provincia di Pisa, lungo la direttrice che dalla città si indirizza verso Volterra, a lambire quel territorio spettacolare che sono, come detto prima, le Colline pisane, al confine con la Valdera, un’area conosciuta da secoli per i preziosi oliveti, per i vigneti, per i mille frutteti contesi alle lussureggianti chiome della macchia mediterranea.
Lari ebbe una notevolissima importanza, soprattutto nel periodo che va dal basso medioevo al rinascimento. Tuttavia, ancora prima di allora lasciò delle tracce nel percorso della Storia, essendo stato un insediamento etrusco assoggettato alla potenza di Volterra, per passare successivamente sotto il controllo dei Longobardi fino al secolo XI, che ne fecero un Libero Comune Rurale, ottenendo per quei tempi un alto riconoscimento per il paese, la cui vocazione è sempre stata quella agricola.
Data l’importanza strategica ed economica, Lari venne contesa nel XII secolo fra Pisa, Lucca e Firenze, per divenire un caposaldo della Repubblica di Pisa. Intorno al 1400 passò infine sotto il controllo di Firenze.
Firenze eleva Lari al rango di capoluogo delle Colline pisane e livornesi, ospitando i Vicari del governo fiorentino, membri delle più nobili famiglie cittadine come i Medici, Pitti, Capponi, Guicciardini ed altri, i cui stemmi si trovano esposti sulla facciata del palazzo del Tribunale all’interno del Castello dei Vicari.
Da qui si estendeva il dominio di Firenze, in grado di controllare una vasta ed importantissima area geografica toscana, proprio attraverso i suoi Vicari. Che altro non erano se non dignitari di alto rango di uffici pubblici, che rappresentavano l’autorità fiorentina, per coadiuvarla, o per sostituirla, o per esercitarne le funzioni nella circoscrizione di Lari, considerata l’epicentro della zona.
Dentro il paese di Lari
Entriamo nel castello dalla Porta Pisana, detta anche Porta Maremmana, una delle tre porte di accesso al borgo (le altre due sono Porta Fiorentina e Porta Volterrana), scoprendo subito un possente bastione in pietra squadrata e cotto toscano che si erge maestoso sulla via di accesso.
Come fosse una specie di torre di babele, pare arrampicarsi su verso il cielo e ci fa sentire davvero piccoli, indifesi.
Il bastione è parte delle mura del Castello dei Vicari, baluardo architettonico del basso medioevo.



E’ suggestivo camminare per questa via, dove volgendo lo sguardo a sinistra cerchi di misurare con l’occhio l’altezza di quel bastione che passo dopo passo degrada per raggiungere il piano strada.
Un’indicazione ci incuriosisce e riguarda una parte del bastione dove un tempo venivano incatenati i malfattori con un pesante anello al collo, ovvero la classica Gogna. Questa serviva per sottoporre i rei allo scherno e al dileggio del popolo, punizione che poteva durare ore ma anche giorni interi.


Sul lato destro si trovano abitazioni ed i locali storici di uno dei più rinomati pastifici italiani, il pastificio Martelli, conosciuto in tutto il mondo. Non ci si può sbagliare: il colore giallo sulle pareti del fabbricato è lo stesso dell’incarto delle paste artigianali che hanno invaso il mercato mondiale.
Sì, proprio una lavorazione artigianale rimasta immutata dal 1926: varie fasi di produzione eseguite coi giusti tempi, la limpida acqua e la purezza dell’aria del territorio, fanno di questi prodotti una vera eccellenza, un orgoglio nazionale. Nel complesso vi è anche il punto vendita, per chi volesse approfittarne.

Lari, pastificio Martelli
Entrando nel Castello dei Vicari
Volgendo nuovamente lo sguardo a sinistra si intravvede un sinuoso scalone in lastricato a gradoni irregolari e consumati dall’usura del tempo, che porta fino all’entrata del castello da cui si accede mediante una stretta cancellata. Alti parapetti in “cotto” delimitano la ripida scalinata, man mano che si sale si ammira sempre di più il panorama circostante che dalla collina degrada fino alla sottostante piana dell’Arno.





Superata la cancellata la prima cosa che ci salta all’occhio è la pavimentazione, dove si alternano le pietre consumate del lastricato con tratti di “cotto” disposti a spina di pesce, come era tipico in quel periodo.
Il Castello dei Vicari è riconoscibile dalla miriade di stemmi in pietra o in ceramica smaltata appesi alle pareti, simboli delle casate degli stessi vicari, i quali esercitavano qui la loro potestà, alternandosi fra essi ma per soli sei mesi l’anno ciascuno.

Lari, piazzale Castello dei Vicari
Entrando, camminiamo in un grazioso cortile, al cui centro troneggia una cisterna ancora piena d’acqua piovana. Alla nostra destra ci accoglie una piccolissima chiesa seicentesca, sui cui muri laterali si trovano cinque strette porticine per ogni lato. Che aprono in spazi angusti, minuscoli, ciascuno con una mensola ed una feritoia orientata diagonalmente verso l’altare.
Uno spesso muro li separa dall’interno della chiesetta: erano gli spazi dedicati a quei condannati che volevano assistere alla Santa Messa. L’immaginazione corre, è facile immedesimarsi negli ospiti di quel castello:
- il potente Vicario con la propria famiglia, che aveva la parola finale su tutte le cause;
- il Cavaliere (Giudice) col compito di documentare i processi e motivare le sentenze;
- il Notaio che doveva giudicare le cause criminali ed aveva compiti di amministrazione;
- un Comandante della guarnigione e le sue guardie;
- i carcerati.
Già, i carcerati, quelli accusati di gravi reati e di crimini. Per loro non bastava la Gogna, ci voleva un tribunale speciale come ovvio, ed il pensiero corre a quei disgraziati i quali entravano in quegli sgabuzzini della chiesa, taluni colti da un vero pentimento, altri con l’obiettivo di provare a strappare un perdono, una clemenza.






In quegli anni si assistette ad un forte rinnovamento generale, la Storia ci parla di secoli di progresso e di crescita intellettuale, sociale ed etica. Ma una parte della Chiesa esercitava ancora un potere oscuro, capace di condizionare persino i potenti di allora, la Giustizia ed i tribunali, preoccupata che la rivoluzione culturale e sociale in atto potesse farle sfuggire di mano il potere assoluto costruito, perfezionato ed esercitato nel corso dei secoli.
Ci riferiamo all’Inquisizione che si formò tra il basso medioevo ed il rinascimento, seminando paure, divisioni, inimicizie e dolore nel popolo, cavalcando le credenze popolari, la superstizione e l’ignoranza.
Anche qui a Lari il tribunale, comandato dai Vicari, utilizzò torture e condanne, ritenendo giusti – e giustificabili – i metodi crudeli già appannaggio dell’inquisizione religiosa.
E purtroppo, sempre qui vennero emesse diverse condanne e tanti innocenti vennero torturati ed altri anche giustiziati.
Dei tribunali, dei processi, dei giudizi e delle condanne ne abbiamo le prove nella seguente visita al tribunale ed alle carceri all’interno del Castello dei Vicari. Non si vuole ora giudicare, la cultura di allora era comunque all’inizio di un cammino di fermenti e rinnovamento, manifestato con un sempre maggior libero pensiero, ma era in vigore più che mai la pena di morte e diversi popolani vennero qui giustiziati (che paradosso.. “giustiziato” deriva da “giustizia” ancora oggi).
Visitando l’interno del Castello dei Vicari
Entriamo quindi nel palazzo quattrocentesco del castello, le cui pareti esterne sono tappezzate dagli stemmi dei vicari che qui si sono succeduti, quasi tutti appartenenti alla nobiltà fiorentina.
All’interno scopriamo che con sapienza sono stati ricostruiti ambienti che percorrono tutte le tappe del tribunale e dei processi di allora, coadiuvati da un ottimo percorso multimediale. L’entrata è a pagamento e nel locale reception sono esposti numerosi volumi sulla storia di Lari e sul suo castello, nonché sulle attività del vicariato.
Nella prima sala uno schermo ci racconta la storia di Lari, dal periodo etrusco e romano, sino ai nostri tempi, suddiviso magistralmente in quattro compartimenti arricchiti da documenti e foto d’epoca dell’ultimo compartimento relativo alla storia recente del paese. Nella sala sono esposti reperti etruschi e romani.

Lari, Castello dei Vicari – reperti etruschi e romani
Proseguendo si trova la sala del tribunale, con il tavolo della giuria su cui campeggia un crocifisso; ai lati del tavolo della giuria altri due tavoli, probabilmente i posti degli scrivani e dei testimoni.
Di fronte alla giuria una enorme libreria piena zeppa di fascicoli, di atti di ufficio e di sentenze, davvero tante.

Lari, Castello dei Vicari – sala del tribunale ed archivio
Si può quindi ammirare il grande salone d’ingresso entrando da un accesso laterale, così da poter vedere le pareti affrescate con gli stemmi dei più importanti tra i vicari, insomma l’elite della nobiltà di allora.

Lari, Castello dei Vicari – affreschi salone
Percorrendo il corridoio, illuminato da ampi finestroni ad arco, notiamo sulla parete di destra alcune porte che conducono ai vari “uffici”, tra cui la cancelleria nella quale si registravano gli atti; l’amministrazione, con una cassaforte a muro ed una serratura seicentesca, in cui si versavano le somme stabilite dal vicario; una cappella in cui si officiava l’ultima benedizione dei condannati a morte.

Lari, Castello dei Vicari – corridoio
Scendendo nei sotterranei
Una porta successiva conduce direttamente nei sotterranei del castello. Scendendo sopra incerti gradini in terra battuta e quanto mai usurati, ci addentriamo in un cunicolo buio ed irregolare scavato nella roccia, dentro il quale bisogna fare attenzione a non battere la testa.
L’aria fresca ci assale piacevolmente, facendoci dimenticare per un pò l’afa della giornata e man mano che scendiamo l’aria si fa sempre più fresca. Arriviamo in uno spazio angusto dove alcune luci illuminano il buio pesto, notiamo una cancellata in ferro ed il cunicolo che si estende ancora aldilà di essa.
Incuriositi, azioniamo un comando e compare l’immagine virtuale di un archeologo, il quale ci spiega che questi sotterranei erano in realtà i cunicoli che portavano ad una tomba etrusca ad ipogeo, proprio oltre il cancello, la cui camera funeraria era proprio là in fondo, ritrovata quasi intatta ed ancora ricca di oggetti del corredo funebre.
L’aria fresca “di cantina” vorrebbe trattenerci donandoci ancora il suo benessere, ma i nostri piedi scalpitano e vogliono finire di vedere il resto del castello, per cui a malincuore risaliamo, pronti a rituffarci nel caldo afoso di questi primi di Luglio.
La tortura
La luce che entra dai finestroni ci abbaglia, ferendo i nostri occhi abituatisi ormai al buio del sotterraneo e, con la luce, ritorna anche questo caldo eccessivo che riesce persino ad oltrepassare gli spessi muri di pietra. Un’altra porta ci conduce nella camera della tortura, dove è stata allestita la scenografia di una tortura realmente subita da un uomo del posto che, assieme ad altri compari, si macchiarono di omicidio.
La tortura, l’unica concessa nel vicariato, era nominata “della corda”, ovvero il condannato veniva legato con le mani dietro la schiena e poi issato su tramite una corda fissata proprio sui polsi legati, sino a restare appeso a mezz’aria. Un dolore insopportabile costringeva molte volte quei disgraziati ad ammettere colpe anche senza averne realmente commesse.
A lato di un manichino truccato talmente bene tanto da sembrare reale, un tavolo ed un altro personaggio con le sembianze di inquisitore, col dito indice alzato nel gesto di condannare, paludato con gli abiti del seicento.
Un’altra immagine virtuale ci spiega come allora venne condotto questo tribunale e come venne emessa questa sentenza. Il nostro malcapitato, dopo aver subito questa tortura ed aver ammesso la propria colpa, venne successivamente impiccato. L’impiccagione era l’unica forma di pena capitale consentita nei vicariati fiorentini.
I reati che prevedevano l’iter sopra descritto erano prevalentemente di quattro tipi: risse con ferimenti e mutilazioni, omicidi, stregoneria e concubinaggio.
Le carceri
Proseguendo la visita, arriviamo alla zona delle carceri, che sono state occupate sino verso gli anni ‘70 del secolo scorso; sui muri della celle si notano ancora le iscrizioni lasciate qui dai condannati.
Una teca ci fa vedere i ceppi coi quali venivano assicurati i piedi dei carcerati per evitare eventuali fughe; inoltre sono presenti i ferri della gogna di cui abbiamo parlato precedentemente: chiodi robustissimi, una cortissima catena ed un ceppo per il collo del reo.
Le celle erano spoglie, con un tavolaccio in legno come giaciglio, tutte con una finestrella munita di inferriata e qualcuna realizzata con uno strano cubicolo, crediamo potesse essere stata la classica “gattabuia”, ovvero quel loculo invivibile dove potevi stare solo rannicchiato e completamente al buio, dove venivano rinchiusi per punizione i ribelli o i trasgressori.
Non ne siamo certi e nessuno è riuscito a darci una spiegazione diversa, ma vedendo alcuni documentari, si vede che l’utilizzo serviva esclusivamente per quello scopo. La latrina era unica per tutte le celle ed era formato da un semplice buco con una tavoletta di legno per sedercisi.



Quest’ultima parte è sicuramente molto interessante, ma la suggestione ci ha portato ad immedesimarci in quei poveracci e la sensazione di sentirsi “mordere lo stomaco” si è impossessata di noi.
Ed è a riprova e dimostrazione che tutta la realizzazione di questo percorso è stata fatta con maestria ed arte, coinvolgendo il visitatore in modo profondo e persino inaspettato.
Ma c’è anche una storia che racchiude in sé una leggenda, sentita proprio dagli abitanti di Lari, legata alla presunta presenza di un fantasma chiamato Rosso della Paola, alias Giovanni Princi, il quale nel periodo del fascismo venne qui rinchiuso, torturato, percosso ed ucciso per le sue idee contrarie al regime di allora.
Come per tanti altri casi, anche qui si sovrappongono diverse storie sulla sua morte, ad ogni modo pare che nella notte tra il 15 e il 16 dicembre di ogni anno il fantasma inquieto del Rosso della Paola ritorna a farsi sentire tra quelle mura intrise di sofferenza, manifestandosi con il suono sinistro delle feroci percosse subite dai fascisti.
Giovanni Princi forse reclama ancora giustizia, quella giustizia che non ebbe in vita.
Passeggiando sulle mura del Castello
Qui finisce la visita all’interno del castello dei Vicari, usciamo con il desiderio, stavolta sì, di essere alla luce ed all’aria cercando di riequilibrare le nostre emozioni, respirando a pieni polmoni per toglierci quel senso di suggestione opprimente che abbiamo provato nell’ultimo percorso.
Il camminamento sopra le mura è la cosa più piacevole adesso, il caldo è diminuito, il cielo volge al tramonto e si colora di sfumature tra il rosa, l’arancio ed il rosso acceso, che si riflettono sui colori delle case sottostanti, mentre un blu sempre più intenso si fa largo sul lato opposto.
Il verde delle colline tutto intorno a noi fa da magnifico sfondo a questo florilegio di vita ed appaga il nostro spirito con l’amenità di queste meravigliose Colline pisane.










Usciamo dal castello ripercorrendo in senso inverso il possente scalone in pietra, giusto in tempo per gli ultimi slanci della nostra immaginazione. Facciamo ancora in tempo ad ammirare la loggia del mercato, edificata durante la signoria di Cosimo dè Medici verso la metà del XVI secolo, a cui è stata sovrapposta la Casa del fascio al tempo del regime fascista.
Termina qui la nostra visita e confidiamo che abbia suscitato un qualche vostro interesse, tale da portare anche voi a visitare questo stupendo ed esclusivo borgo di Toscana.
A questo proposito ricordiamo che Lari, sin dai tempi della Repubblica fiorentina era famoso per la produzione eccellente di frutta. La tradizione vuole che ogni anno, verso i primi di Giugno, qui si svolga la Sagra delle Ciliegie, dove tutti i produttori locali presentano i loro meravigliosi frutti. Un altro indubbio motivo per non mancare. Ricordatevi le date e buon viaggio.
Per informazioni su orari e biglietterie potete consultare il sito ufficiale del Castello dei Vicari.